Le Epistole di Paolo
Dai vangeli ci siamo fatti un’immagine di Gesù, poi negli Atti degli Apostoli abbiamo visto sia l’entrare in scena dello Spirito Santo, sia il modo in cui i primi cristiani applicarono gli insegnamenti di Gesù. Infine abbiamo visto anche le difficoltà che i primi cristiani ebbero a staccarsi dal sistema religioso precedente, il che si manifestò in rottura fra Paolo, di cui ora studieremo gli scritti, e la chiesa di Gerusalemme. Le ragioni di questo scisma sono un tema ricorrente, a volte un po’ complesso e nient’affatto semplice, ma non scoraggiatevi, una volta acquisite alcune nozioni il tutto diventerà abbastanza semplice e coerente.
Nozioni interpretative
Paolo scrisse molto sulla legge, ma non nel modo in cui noi oggi intendiamo la parola. Come legge Paolo intendeva i comandamenti dati da Mosè, che non erano solo dieci, ma centinaia e regolavano fino ai minimi dettagli la vita degli ebrei. Questi erano la legge del popolo ebraico e nello studio precedente abbiamo tratto un parallelo con la Sharia, o legge islamica. Vi sono, infatti, vari punti d’incontro fra questi due sistemi e la Sharia di oggi ci offre una finestra nel tipo di realtà in cui il primo cristianesimo arrivò. Per capire meglio basta ricordare il caso dell’adultera che volevano lapidare e a cui Gesù salvò la vita. Non lo fece contraddicendo la legge, che gli avrebbe potuto costare la vita, ma con quella frase famosa “chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Fu una risposta veramente divina, perché secondo la legge la donna doveva essere lapidata e Lui non avrebbe potuto opporsi alla legge senza gravi conseguenze. L’unica via di scampo per lui e quella povera donna, che sebbene avesse sbagliato non meritava di morire, fu di acconsentire all’esecuzione aggiungendo una condizione cui nessun accusatore poteva arrivare. In questo modo Gesù fece ben tre cose diverse, salvò la donna, se stesso, e smascherò l’ipocrisia di chi pretendeva di seguire la legge. Un altro esempio di com’erano applicati i comandamenti (la legge) è dimostrato dall’accusa finale di bestemmia, per cui Gesù fu condannato a morte. E’ da considerare che l’infrazione di quasi ognuno dei primi dieci comandamenti comportava la pena di morte, per non parlare poi di tutti gli altri.
I primi cristiani erano tutti ebrei, nati e cresciuti sotto tale legge e, come abbiamo visto, il cristianesimo rappresentava per loro solo una moderata riforma del vecchio sistema. Paolo si batté tenacemente per dimostrare invece che la vecchia legge era superata, e che il cristianesimo non ne aveva più bisogno. Usava spesso, non solo la legge, ma l’intero antico testamento (l’unica scrittura esistente allora) per dimostrare che Gesù ne era l’adempimento e la conclusione. Per Paolo Gesù aveva terminato l’antico testamento e aveva dato inizio al nuovo. L’antico, però, era ancora la legge universale dei credenti nel Dio d’Abramo, incluso i cristiani. Per di più era scritto da secoli, mentre il nuovo non era ancora né conosciuto né scritto. Paolo, come un avvocato di fronte al giudice, usava l’antica legge per presentare ripetutamente il suo caso per il Nuovo Patto e le sue epistole diventarono poi scrittura dello stesso.
Paolo usava l’antica scrittura anche per controbattere alla chiesa di Gerusalemme che pretendeva di giudaizzare (cioè sottoporre alla legge mosaica) i cristiani di origine pagana. L’esempio più classico si trova nell'epistola ai Galati, dove si legge che un gruppo di emissari mandati da Giacomo, vescovo di Gerusalemme, tentarono di giudaizzare i cristiani d'origine pagana convertiti da Paolo. Anche Pietro ne fu coinvolto, dapprima appoggiando Paolo, ma poi facendo un voltafaccia per timore degli emissari da Gerusalemme. Palo si sentì tradito dall'ipocrisia di Pietro e lo riprese apertamente.
La Bibbia non nasconde mai le debolezze dei suoi uomini e racconta francamente i loro sbagli. La ragione è di permetterci di intravedere la differenza fra l’opera di Dio e la fragilità delle persone che Lui usa. Pietro fu un abile strumento e le sue debolezze risaltano ancora di più la potenza di Dio tramite lui. Anche Paolo aveva delle debolezze ed è utile per noi individuarle affinché si possa riconoscere la differenza fra una sua opinione personale e un insegnamento inspirato da Dio. La ragione per cui le sue epistole entrarono a far parte del canone Biblico fu dovuta alla loro ispirazione divina, ma non mancano certi aspetti umani.
Perché Dio scelse Paolo
Come dai vangeli abbiamo appreso com’era Gesù, dalle epistole vedremo com’era Paolo, la sua formazione, il suo carattere, la sua forza, e anche le sue debolezze e incoerenze. Come i vangeli non celano le debolezze di Pietro e degli altri discepoli, così anche le epistole non celano quelle di Paolo. Allo stesso tempo sono anche la massima testimonianza delle ragioni per cui Dio scelse proprio lui. E perché lo scelse?
Paolo rappresentava ciò che nessuno degli altri apostoli era. Proveniva da Tarso, un influente centro di cultura Ellenica, e fu educato a Gerusalemme nella scuola rabbinica di Gamaliele. Paolo era un fariseo e parte di quella corrente ideologica che perseguitò e uccise, prima Gesù, e poi Stefano. Per loro Gesù era un falso profeta, una minaccia all’integrità della loro religione e cultura imperniate sulla legge Mosaica. Paolo era un legalista ed era pronto ad agire per estirpare la nuova eresia cristiana. Era l’immagine del crociato, dell’inquisitore, del protettore della vera fede e tradizione tramandata dai padri.
Se c’è una parola che descrive Paolo, è “zelo”. Non esistevano mezze misure per Lui, e quello per cui valeva la pena vivere, ne valeva la pena anche morire. Quest’intensità di sentimenti, che lo spinse prima a cacciare e perseguitare i cristiani, lo spinse poi a promulgare il cristianesimo.
A confronto, gli altri apostoli erano persone semplici e di poca cultura, a parte forse Matteo. Dio li usò grandemente ma ebbe bisogno di Paolo per sviluppare e scrivere la prima teologia cristiana e portare il cristianesimo oltre i confini del giudaismo. Dio, sapendo che l’ostacolo principale da superare sarebbe stato la vecchia religione, scelse proprio un rabbino proveniente dal giudaismo fondamentalista dei farisei, affinché una volta convertito potesse capire l’ampiezza e profondità del cambiamento avvenuto col sacrificio di Cristo. Paolo, infatti, dedicò gran parte delle sue epistole a spiegare questo, usando la legge Mosaica e l’Antico Patto come strumenti per dimostrarne il loro stesso superamento. Per questo fu più volte accusato di predicare contro la legge "questo è l'uomo che va predicando a tutti e dappertutto contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo (tempio) " [1].
Non tutti lo capirono, neanche i suoi compagni e Pietro scrisse di lui “in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti. In esse ci sono alcune cose difficili a capirsi” [2]. Dio però l’aveva scelto e lo sostenne fino a che le sue idee furono finalmente riconosciute. Per sopravvivere e adempiere la sua missione universale, il cristianesimo doveva diventare un’entità propria e staccarsi dal vecchio sistema giudaico. Dio usò Paolo per guidare il cristianesimo fuori dal nido della legge e condurlo alla maturità e libertà del Nuovo Patto.
Fu Gesù che realizzò il Nuovo Patto e lo firmò col proprio sangue, ma per i discepoli fu una scoperta graduale. All’inizio non lo capivano e la cultura giudaica in cui erano nati, era troppo forte affinché questi semplici pescatori potessero contestarla efficacemente. All'inizio del libro degli Atti, vediamo che sotto l’impeto dello Spirito Santo, fecero un primo grande balzo avanti. Poi, come in una guerra di trincea, si trovarono infossati a Gerusalemme, nel tempio, nella sinagoga, legati ai vecchi metodi così che non riuscivano ad andare oltre. Per rompere l’impasse Gesù aveva preparato Paolo, che poi portò fuori da Gerusalemme affinché potesse guidare il giovane movimento cristiano verso la sua espansione globale.
Aspetti umani di Paolo
Come già detto, vi erano dei controsensi anche in Paolo. La sua personalità, come con ogni uomo di Dio, non sempre rifletteva la personalità del maestro e le sue reazioni non sempre assomigliavano a quelle di Gesù. Queste mancanze, se pur minime a confronto con la bellezza dei suoi insegnamenti, vale la pena notarle per evitare brutte sbandate. Ma come possiamo sapere con certezza cos'è “parola di Dio” fra tante parole? E cosa può farci riconoscere un insegnamento contrario, o semplicemente inutile per noi oggi? Semplice … applichiamo il principio che abbiamo stabilito fin dall’inizio. Chiediamoci come si comporterebbe Gesù se fosse nella medesima situazione. Se c’è una netta differenza, allora sappiamo chi ha ragione. Gesù diventa quindi il criterio, e non il nostro giudizio soggettivo. Darò alcuni esempi:
Le donne
Se ci addentriamo nel contesto storico del tempo, scopriamo un mondo estremamente maschilista, dove alla donna non erano concessi ruoli al di fuori della casa e dei figli. I vangeli, invece, ci raccontano molte storie di donne. Vi erano donne che lo seguivano, che supplivano alle sue necessità, c’era la Maddalena che fu con lui fino alla fine, la prostituta che gli lavò i piedi con le lacrime, l’adultera che salvò dalla lapidazione, le sorelle Marta e Maria, la donna samaritana al pozzo, l’altra col flusso, che per gli ebrei era immonda, ma che lo toccò e fu guarita, e altre. Le donne attorno a Gesù furono altrettanto visibili degli uomini, il che lo mise in netto contrasto con la realtà del tempo. Perfino la sua nascita, con Dio che scelse una giovane ragazza non ancora sposata per concepire suo figlio, fu uno scandalo. Lo sarebbe ancora oggi, ma immaginate che reazione deve aver causato in quel periodo e in quella società. Ora è un fatto che prendiamo per scontato, perché queste storie di donne vicine a Gesù sono entrate a far parte della nostra cultura cristiana, ma a loro tempo erano estremamente imbarazzanti e contro corrente. Questa è un’ulteriore prova che i vangeli non furono inventati per creare un attraente mito cristiano, o si sarebbero certamente evitati questi aspetti imbarazzanti.
In ogni modo, anche Paolo andò contro corrente e affermò che in Cristo non c’è più differenza fra l'uomo e la donna: “Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”. [3]. Anche lui parlò di donne che svolgevano un ruolo importante nella chiesa, che lo assistevano, che profetizzavano e che ospitavano chiese nelle loro case (la parola “chiesa” nelle epistole non faceva riferimento a un edificio, né a un’istituzione religiosa, ma a gruppi di credenti che si riunivano, di solito a casa di qualcuno).
Cionondimeno il retaggio culturale di Paolo era ben altro e ogni tanto riaffiorava. Per di più Paolo era l’unico celibe degli apostoli, come lui stesso ammise: “Non abbiamo il diritto di condurre con noi una moglie, sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Pietro? [4]. Le sue opinioni sul matrimonio e sulle donne erano tipicamente maschiliste e riflettevano sia una formazione rabbinica, sia una corrente gnostico-ellenista comune in quel periodo. Mi manca lo spazio per citare, una per una, le varie affermazioni che Paolo fece a riguardo, ma sono sicuro che non vi sfuggiranno. Sebbene appaino antiquate, vi chiedo di non permettere che vi causino dubbi sul magnifico lavoro di Paolo. Considerate semplicemente il periodo storico in cui Paolo visse, con le attitudini all’ora prevalenti sulla donna e la schiavitù, e vedrete che anche lui si stava dirigendo verso una loro liberazione. Non appare certo tale a confronto con la realtà odierna, ma sono sicuro che riuscirete a perdonare Paolo per essere stato semplicemente frutto del Suo tempo. Se studiate attentamente ciò che era prima di lui e ciò che venne dopo, vedrete che la mano di Dio usò proprio Paolo per liberare il cristianesimo dalle catene del passato e spingerlo nella direzione giusta.
Nota: La vita e opera di Paolo furono un passo importante nella realizzazione del piano divino per il cristianesimo, ma non furono sufficienti a condurlo alla sua meta finale, dove neppure noi siamo ora. Per questo è’ necessario renderci conto che dalla creazione al gran finale di Dio, si svolge una rivelazione progressiva, che comporta una maturazione e approfondimento graduale della relazione fra umanità e Dio. Questa, secondo Paolo e Giovanni, si concluderà solo col secondo avvento di Cristo e le cosiddette nozze dell’agnello, che studieremo poi separatamente. Ai suoi inizi questa rivelazione progressiva si era manifestata in vari incontri, patti e promesse che Dio fece ad Abramo e a Mosè. Paolo fece riferimento a questi, definendoli “ombra dei beni futuri” così che “quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio - poiché noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo; ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte, sarà abolito” [5]. Da questo comprendiamo che il rapporto tra l’uomo e Dio, sia individuale sia collettivo, è una realtà che muta nel tempo, un viaggio con un inizio e una meta finale.
La giustificazione per grazia e i peccatori
Paolo rifiutò ogni compromesso con l’antica legge e la respinse usando la stessa scrittura che l’aveva proclamata per dimostrarne il superamento. Dedicò gran parte di Romani, Galati, Efesini, Ebrei (che, anche se non scritto da lui, riflette il suo pensiero) a questo. Secondo Paolo non può esistere una salvezza metà per opere e metà per grazia, o l’uno o l’altro: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia” [6]. Il sacrificio di Cristo è sufficiente e offrire qualsiasi altro sacrificio è un affronto contro di Lui, un dichiararlo insufficiente. Paolo attaccò questa presunzione umana a ogni opportunità, ciononostante pochissimi cristiani comprendono appieno queste sue affermazioni. Sebbene Paolo vi dedicasse molti ragionamenti, l’influenza predominante dell’antica legge nel retaggio culturale di chi scrisse la Bibbia, così come la stessa natura umana, impedisce ai più di vedere la realtà della giustificazione per fede. Il nostro ego ci rende più inclini a una religione di opere (come Caino), anziché di grazia (come Abele), così Paolo rimane spesso un mistero.
Un altro fattore che può trarre in inganno, sono alcune incoerenze di Paolo stesso. Essendo un uomo di forza e di grande responsabilità verso le chiese da lui fondate, quando in queste apparvero delle devianze che ne minacciavano l’armonia e buona condotta, Paolo si animava di zelo intenso. Da questo scaturirono affermazioni di condanna contrarie al suo stesso insegnamento di giustificazione per grazia tramite la fede - e a quello di Gesù, che non aveva posto condizioni alla salvezza, se non la fede.
Ugualmente, mentre Gesù fu spesso accusato di preferire la compagnia dei peccatori, Paolo, invece, insegnò di evitarli. Mentre Gesù non proferì mai parole aspre nei confronti delle prostitute, adultere, corrotti e criminali, Paolo, nel suo zelo per la chiesa, affermò che a questi non era concesso entrare nel regno di Dio. Questo è un classico esempio di come applicare il Vangelo e l’immagine di Gesù come criterio per giudicare cos’altro si legge nella Bibbia. Ovviamente, quando c’è una differenza, il cristiano si atterrà all’esempio di Gesù.
Premesse finali su Paolo
Premetto che questa breve introduzione non è un sunto dei contenuti delle epistole di Paolo, che sono assai più ampi, e non può quindi sostituirne la lettura. L’intento di queste pagine è semplicemente quello di fornire quegli strumenti interpretativi più necessari per evitare il dubbio e la confusione che spesso assalgono il lettore delle epistole Paoline. Molti, infatti, si arrendono di fronte ai complicati ragionamenti o apparenti controsensi e desistono dal continuare nello studio, perdendo così un elemento vitale della loro formazione cristiana. Con queste semplici nozioni di base, ritengo che il lettore possa ora affrontare la lettura e lasciare che le epistole di Paolo parlino da sole.
Un’ultima premessa. Come già detto, Paolo è un dottore della legge antica e la cita ripetutamente per illustrare il suo ragionamento a un popolo che la viveva e conosceva profondamente. Non è necessario per noi conoscere tutti gli stessi dettagli per capire il messaggio centrale, ma eventualmente ci addentreremo nell’antico testamento e riusciremo a capire meglio certi suoi ragionamenti. Per il momento è più importante per noi rimanere radicati nel vangelo e, se leggere troppo Paolo stanca un po’ la mente, il che è probabile, allora suggerisco il ritorno ogni qualvolta al Vangelo al fine di non scordarne la priorità fondamentale.
Buona lettura.
1. Atti degli apostoli 21; 28
2. Seconda epistola di Pietro 3; 16
3. Epistola di Paolo ai Galati 3; 28
4. Prima epistola di Paolo ai Corinzi 9; 5
5. Ebrei 10; 1, epistola di Paolo ai Galati 4; 4 e prima epistola di Paolo ai Corinzi 13; 9 e 10
6. Epistola di Paolo ai Romani 11; 6